Omaggio a L. Fontana - dipinto di Pietro Vanni .
Critica & Stampa
Hanno scritto di Pietro Vanni …..
Hanno parlato di lui critici d’arte, poeti e giornalisti, tracciando un profilo di un pittore dai tratti
essenziali, bene inserito in un contesto storico ed artistico che egli riesce a rappresentare al
meglio nelle sue tele.
L’epoca in cui Pietro Vanni dà vita alle sue opere è quella del dopo guerra, inizia con le sculture,
le porcellane ed infine le tele attraversando una fase astrattista per arrivare allo stile realista dei
suoi paesaggi.
Un grande punto di riferimento per Pietro Vanni è stato il maestro Ottone Rosai, le cui opere lo
hanno guidato, attraverso i giochi di luce e gli scorci paesaggistici persi in nebulosi orizzonti,
verso quella sintesi pittorica di cui spesso parlava.
Poche linee, in una prospettiva di luce e colori, in un gioco di spatola il paesaggio prende forma e
vita.
Ecco la pittura di Pietro Vanni descritta nelle critiche d'arte e negli articoli di stampa.
Monica Vanni
HANNO SCRITTO DI LUI…
di Leonardo Echeoni: da “Trenta Giorni” di Torino
I
L FASCINO DELLE OPERE DI UN AUTENTICO ARTISTA
Pietro Vanni può essere, a buona ragione, annoverato fra i grandi contemporanei.
Le
sue
opere,
come
tutte
quelle
dei
veri
artisti
si
disinquino
per
una
singolare
proprietà;
se
colpiscono
favorevolmente
già
dal
primo
momento
in
cui
si
osservano,
il
piacere
che
donano
aumenta,
però,
a
mano
a
mano
che
si
conoscono,
fino
a
diventare
qualcosa
di
caro
e
di
indispensabile
per
la
profonda
emozione
che
sanno ispirarci.
HANNO SCRITTO DI LUI…
Di
Aurelio Ragionieri
da “La Nazione” 8 maggio 1972
Ultimo della scuola romana
Pietro
vanni,
pittore
della
scuola
romana,
espone
per
la
prima
volta
alla
galleria “Ponte Vecchio”.
Paesaggista
saporoso,
Vanni
sembra
sempre
riconduci
alle
immagini
di
un
mondo
perduto
con
le
sue
calme
atmosfere
di
vicoli,
di
rustici,
di
angoli quieti e casolari.
La
tecnica
e
fin
troppo
scaltrita
e
certi
risultati
ottenuti
con
sapiente
lavoro
di
spatola
regalano
al
dipinto
corposità
che
appare
qualche
volta
perfino casuali.
Anche nelle nature morte il colore è corposo ed intenso.
HANNO SCRITTO DI LUI…
di Giuseppe Bianco:
dal quotidiano “ Paese Sera” 1977
I sogni delle cose
Qualcuno
ha
avuto
la
bizzarra
idea
di
infilare
in
un
cavatappi
in
una
mela
appena
sbucciata.
Alcuni
uomini,
davanti
ai
loro
bicchieri
di
vino,
guardano
con
attenzione
preoccupata
cose
che
voi
non
vedete.
Due
barattoli
stanno
certamente
conversando
e
sembrano
nervosi,
perché
non
sanno
bene
come
andrà
a
finire.
Guardate
una
casa,
e
scoprite
che
l’avete
vista
molti
anni
fa
(ma
quanti?)
o
forse
l’avete
sognata
ieri
notte.
E
quella
fontana,
lo
potreste
giurare,
ieri
sera
era
sotto
la
vostra
casa,
e
oggi
non
c’è
più.
Ci
sono
bambini
che
giocano
a
pallacanestro,
o
guardano
volare
un
aquilone,
o
chiamano
la
mamma,
o
pregano.
Loro
sanno
quello
che
fanno,
voi
no!
Entrate
in
una
cantina
e
ci
trovate
coppie
che
ballano
un
tango;
possibile
che
non
ricordate
quando
avete
ballato
anche
voi
allo stesso modo, nello stesso posto, con quegli stessi vestiti?
Siete
entrati
nel
paese
di
Pietro
vanni
e
ve
ne
state
lì,
un
po’
assorti,
un
po’
preoccupati,
un
po’
sconcertati,.
Il
pittore vi ha fatto capire ancora una volta perché non tutti possono essere artisti, benché molti sappiano disegnare.
Vanni
è
uno
strano
borghese;
dipinge
in
veste
da
camera,
ma
sotto,
nasconde
le
ali
che
noi
non
abbiamo
e
che
gli
permettono
di
vedere
le
stesse
cose
che
vediamo
noi
da
un’angolatura
diversa.
Non
da
molto
più
alto,
perché
ce
lo
sentiamo vicino; solamente quel tanto che basta per farci stupire di quel che già conosciamo.
Ma
cos’è,
adesso,
quel
muro
che
si
anima,quegli
archi
che
si
fondono
in
un’astrazione,
quel
colore
che
diventa
racconto?
Possibile
che
a
questo
mondo
non
esistono
più
certezze,
che
tutto
quel
che
conosciamo,
purché
guardato
con
ottica
nuova
(da
bambino
pazzo
poeta
matematico)
diventa
altra
cosa?
Che
un
pittore
che
qualcuno
veda
tutti
noi e il nostro banalissimo mondo in questo modo?
Case,
oggetti,
chiese
e
uomini
che
dipinge
Pietro
Vanni
li
ha
visti
un
giorno.
E’
un
uomo
come
noi,
ma
no
ha
paura
dei
suoi
sogni
e
dei
sogni
delle
cose.
Non
ha
paura
di
muri
che
giudicano
gli
uomini
che
non
osano
più
sperare.
Di
questi
sogni-certezze
Vanni
si
libera
con
i
suoi
colori.
E,
lui
non
lo
sa,
aiuta
tutti
noi
a
liberarci,
per
un
pò,
di
quello
che
vogliamo
essere,
che
siamo
costretti
ad
essere
perché
non
riusciamo
a
risvegliare
il
bambino-poeta-visionario-
saggio che è in ciascuno di noi.
HANNO SCRITTO DI LUI…
d
i
Elio Filippo Accrocca
Luci e approdi
L’interesse
più
evidente
di
Pietro
Vanni
credo
sia
di
partecipare
alle
emotività
del
reale
(oggetti
case
interni
scorci
persone)
con
una
sorta
di
presenza
fisica
che
si
trasforma
in
testimonianza.
Che
poi
tale
testimonianza
si
rilevi
compenetrazione
ideale
è
una
qualità
che
conferma
il
valore
della
sua
linea,
della
sua
scelta,
su
cui
l’osservazione
domina
come
identità,
cioè
qualifica
quell’oggetto,
quel
vicolo,
quel
volto,
e
ne
coglie
gli
attributi
e
il
taglio in forme di assoluta autenticità.
In
Pietro
Vanni
predominano
i
segni
di
una
tradizione
intesa
pero
come
emotiva
partecipazione
del
soggetto
all’evolversi
di
un’epoca
e
di
stagioni
che
restano
validi
nei
protagonisti,
per
quei
risultati
che
non
sono
soltanto di natura artistica ma di maturazione, crescita e approfondimento di valori essenziali.
Gli
stessi
valori
si
ritrovano
qui
perché
la
partecipazione/identità
si
rileva
coscienza
di
una
realtà
vissuta
dall’interno,
con
adesione
più
completa
e
personale
da
parte
dell’artista
che
crede
nel
“carattere
del
tempo”,
in
quella
dimensione
che
si
deposita
nei
lunghi
silenzi,
come
in
una
barca
in
cui
attingere
quando
il
frastuono
urbano incalza e la misura umana si dilegua.
Vanni
ti
ripropone,
qui
e
nelle
altre
opere,
quel
dialogante
incontro
con
te
stesso,
quasi
a
richiamarti
alle
origini
delle
cose
di
cui
ci
siamo
allontanati,
disperdendo
la
moneta
preziosa
di
una
“civiltà
reale”
per
quella
fittizia di un consumismo senza radici e senza approdi.
Un
vicolo
così
una
facciata
come
questa,
ti
portano
ad
una
riflessione
che
non
è
solitudine
o
amarezza,
ma
dignità e ricchezza di spazio, da recuperare in un mondo di cocci.
HANNO SCRITTO DI LUI…
di
Carlo Marcantonio
LA POESIA DI VANNI
Il
discorso
pittorico
di
Pietro
Vanni
è
impostato
sulla
scelta
poetica
del
soggetto
e
dell’oggetto;
piazze,
vicoli,
stradine
ricolme
di
semplicità,
di
quiete,
di
luce
calda
e
suadente.
La
materia
da
lui
usata
è
fatta
di
densa
pasta
levigata,
succosa
ma
nello
stesso
tempo trasparente e fresca che rifrange luce di rara bellezza.
E’
una
pittura
quella
di
Pietro
Vanni
che
oscilla
tra
contemplazione
e
racconto,
che
si
distingue
per
la
tendenza
al
raccoglimento,
alla
riflessione,
al
monologo
interiore;
questi
valori
li
sviluppa
con
ordinato
gusto
scenografico,
con
razionale
sensibilità
descrittiva.
Un
discorso
sui
valori
di
un
certo
tipo
di
natura
e
di
ambiente
che
deve
essere
portato avanti, sorretto e sviluppato.
HANNO DETTO DI LUI…
di Franco Marletta 1977
SILENZIOSI PAESAGGI
C’è
come
una
prudenza,
un’attesa
infinita,
nel
rigido
quanto
voluttuoso
effluvio
di
colori,
nei
silenziosi
paesaggi
quanto ardenti paesaggi di Pietro Vanni.
Colori
e
forme
pregnanti,
che,
amalgama
di
sensazioni
dolorose
e
di
sospiri
deliri,
vengono
automaticamente
a
ripercuotersi,
con
terrigna
forza
e
dal
fondo
dell’angoscioso
animo
dell’artista,
sugli
esteriori
e
scarnificanti
schermi
d’un
pubblico
già
troppo
sfiduciato,
già
pauroso
fruitore
d’ogni
oramai
terribile
e
usuale
contemplazione effimera.
E
se
nella
fattispecie
l’acritico
processo
di
tentate
identificazione;
o,
in
questo
caso,
di
riconoscimento
semplicistico
dei
naturali
e
non
ancor
più
umani
luoghi
di
possibili
e
perenni
appartenenze
fisico-spirituali
o
carnali, “tout court”.
Se
quel
processo,
comunque
appare
sin
troppo
facile
in
superficie,
quale
segno,
cioè,
spontaneo
d’una
provata
e
asfittica ripetizione del reale.
Gli
interiori
grovigli,
pur
nondimeno,
dell’estatica
religiosità
aspirata,
l’improrogabile
necessità
di
un
recupero
sofferente
d’una
fra
tante
profondità
esemplari
o
fittizie
d’esistenza;
e
persino
il
dubbio
di
corposità
materico-
materiali
variegatamene
accostata
a
sensibile
trasognante
o
tanto
evocate
immagine
di
mistica
concretezza;
tutto
questo
in
altre
analisi
pur
restando
requisito
dell’intima
confessione
di
Vanni,
conferisce
all’opera
un
aspetto
denso
e
prorompente
e
ne
privilegia,
nell’ambito
d’una
stesura
dei
significati,
la
probabile
rinascenza
del sociale e il gusto appassionato d’una volontaria dedizione a verità arcaica e trascendente.
HANNO SCRITTO DI LUI…
di Franco Miele
UNA PITTURA PIU’ EVOCATA CHE NARRATA
L’atteggiamento
estetico
di
Pietro
Vanni
si
Inquadra
nell’ambito
di
una
creatività
suffragata
da
inequivocabili
movenze
di
tipo
espressionista.
Le
più
recenti
opere
dimostrano
infatti
che
l’artista
tende
a
“ribaltare”la
tradizione
figurativa,
per
dare
maggior
rilievo
più
che
alla
rappresentazione
vera
e
propria
ai
valori emozionali.
La
sua
pittura
tende
quindi
più
ad
evocare
che
a
narrare,
e
di
conseguenza
a
sottolineare
i
moti
più
intimi
del
nostro
animo.
Il
segno
che
si
muove
nervosamente
sul
foglio
bianco,
determinando
larghe
espansioni
o
arditi
intrecci
di
materia,
sta
per
l’appunto
a
significare
questa
esigenza
di
fissare
in
una
immediatezza
espressiva
pensieri
e
sentimenti,e
di
riflesso
ciò
che
pulsa
nella
nostra
interiorità.
E
così
il
colore
che
a
volte
vorticosamente
si
dilata
o
si
aggroviglia
nel
contesto
dell’Immaginazione
è
un
chiaro
sintomo
di
tale
bisogno
di
oltrepassare
le
mere
apparenze
fisiche
e
di
cogliere,
per
così
dire,
anche
la
fugacità
di
una
sensazione.
Pittura
quindi
di
stati
d’animo
quella
di
Pietro
Vanni
e
perché
tale,tutta
saldamente
inserita
in
una
discorsività di tipo espressionista.
Le
opere,
disegni,
pastelli,
lavori
a
tecnica
mista,
che
per
l’occasione
l’artista
presenta
in
questa
“personale”
stanno
a
testimoniarci
una
situazione
esistenziale,a
volte
gioiosa
a
volte
angosciata,
ma
pur
sempre pervasa da una forte carica emozionale.
Il
pittore
in
alcune
circostanze
fissa
il
motivo
in
brevi
accenni,
in
altre
si
abbandona
ad
un
più
diluito
giuoco
cromatico.
La
sua
prerogativa
è
tuttavia
in
entrambe
le
prospettive
di
conservare
una
coerenza
stilistica,
per
cui
il
risultato
della
sua
ricerca
non
è
mai
casuale,
ma
pur
nella
sua
immediatezza
implica
sempre
un
lavoro
di
scavo,
di
selezione,
di
meditata
elaborazione.
L’originalità
è
comunque
saldamente
ancorata
alla
“carica
emozionale
primigenia”che
l’artista
non
disperde,
ma
al
contrario
purifica
per
cosi
dire
da
ogni
elemento
accessorio,
per
presentarla
alla
sua
forza
autentica.
Le
macchie
scontornate
o
a
zone
distese
che
avvolgono
figure
e
paesaggi
attestano
altresì
un
gusto
coloristico
particolarmente
sensibile
che
diviene
tutt’uno
con
la
composizione
vera
e
propria,
anche
quando
le
strutture
sembrano
discordanti.
Ma
è
proprio
in
questa
armonia
di
contrasti
che
“l’opera
di
Pietro
Vanni
prende
quota”
in
una
fantasiosa
processualista
tutta
condensata
in
un
“fare”
che
si
verifica
senza
soluzioni
di
continuità,
in
breve
in
un
“continuum” di efficace comunicazione.
HANNO SCRITTO DI LUI…
Di
Marcello Maria Marrocco
dal “Corriere della Sera”
Rifiuto dell’angoscia
L
a
ricerca
pittorica
di
Pietro
Vanni,
ha
una
collocazione
che
nasce
dall’aver
compreso
come
Proust
che
“l’oeuvre
d’art
était
le
seul
moyen
de
retrouver
le
temps
perdu”.
Ed
è
proprio
il
desiderio
continuo
e
coerente
di
penetrare
nel
luminoso
caleidoscopio
della
vita,
che
rappresenta
l’autenticità
dell’impegno
di
questo
artista,
testo
alla
ricerca
di
un
tempo
perduto
e
di
una
realtà
che
forse
non
esiste
più,
ma
che
non
ricorre
ad
inutili
metafore e non tradisce i motivi umani che quel desiderio hanno suggerito.
Abituati
oramai
da
tempo
alle
proteste,
alle
grida
di
rabbia
indiscriminata
posta
al
servizio
di
una
contestazione
più
o
meno
autentica
di
artisti
impegnati
a
mostrare
troppi
inquieti
vigori,
la
pittura
di
Pietro
vanni
ci
appare
finalmente
come
la
vibrante
sublimazione di eventi trascorsi e realizzati con rarefatta eleganza.
La
semplicità
del
linguaggio
non
deve
però
indurre
a
ritenere
di
facile
lettura
le
opere
di
questo
pittore
che,
pur
rifiutando
l’angoscia
come
tema,
rimane
sospeso
fra
una
visionaria
passionalità
e
la
aspirazione
ad
un
difficile
dialogo
con
la
realtà
quotidiana
non
affrontata
ogni
giorno.
Nella
nostalgia
di
un
paradiso
perduto
o
forse
mai
esistito.
La
sua
suggestiva
pittura
è
fatta
di
intarsi,
di
venature
quasi
amorose,
di
plastiche
masse,
di
ombre
calde
che
assumono
d’improvviso
cristalline
trasparenze
e
da
impasti
netti
che,
restii
a
combinarsi,
conservano
una
indefinita
espansiva
delicatezza.
Motivo
di
finissima
estetica
uniti
ad
una
armoniosa
espressività
di
toni,
si
rilevano
dunque
nei
lavori
di
questo
artista
che
riesce
ad
amalgamare
i
presupposti
del
figurativo
moderno,
in
soluzioni di concreta intimità contemplativa.
HANNO SCRITTO DI LUI…
Tony Bonavita
: da il giornale IL TEMPO 21 novembre 1971
Parla di terra natia, di vita semplice, di pace.
Un
vicolo
romantico,
vecchie
case
di
paese
dalle
mura
bianche,
una
ricerca
di
toni
puri,
nell’unione
del
grigio,
del
rosa
e
dell’azzurro,
in
libera
stesura
cromatica
che
rievoca
ricordi
sereni e composti, che parlano di terra natia, di vita semplice di pace.
Ecco
la
pittura
di
Pietro
Vanni;
una
favola
quello
che
l’artista
racconta
nelle
sue
tele
suggerendo
un
ritorno
alla
vita
tranquilla
di
un
mondo
tanto
diverso
da
quello
abituale,
e
trasfondendo
nelle
sue
opere
la
preziosa
bellezza
delle
cose
modeste
e
che
troppo
spesso
dimentichiamo.
Con
tecnica
tutta
sua,
abbozza
il
soggetto
sulla
tela;
un
disegno
preciso
che
riempie
di
colore
dai
toni
accesi
che
lentamente
poi
riduce
e
graffia
attenuandoli
con
una
luce
dolce
e
suggestiva.
Vanni
racconta
una
realtà,
ci
propone
cose
alle
quali
non
pensiamo
più
ed
il
suo
pregio
maggiore
è
proprio
quello
di
regalare,
a
chi
si
sofferma
ad
ammirare
le
sue
opere,
alcuni
minuti di serenità.
HANNO SCRITTO DI LUI…
di
Giuseppe Chiaretti
; Vescovo di S. Benedetto del Tronto e Ripatranzone
UN PITTORE: PIETRO VANNI
C’è
infatti
nel
Vanni
la
preoccupazione
di
trasferire
sulla
tela
tutte
le
vibrazioni
che
il
tempo
ha
scolpito
minuto
per
minuto,
su
un
manufatto.
Ché
le
cose
sono
impregnate
del
tempo
trascorso,
e
per
ciò
di
storia,
e,
per
la
storia,
di
vita:serena
od
opaca,
turbolenta
o
raccolta,
ma
sempre
vita.
Ed
è
proprio
questa
vita
segreta
che
dà
un
significato
meno
provvisorio
ai
frammenti
di
paesaggio
spigolati
qua
e
là.
Di
qui
nasce
nel
Vanni
la
preoccupazione
di
far
“parlare
i
suoi
“muri”:con
le
crepe,
le
muffe
sbiadite,
le
croste
degli
intonaci.
Ha
cominciato
con
la
plastica,
impastando
per
quattro
anni
la
ceramica
d’arte
e
terrecotte:
un
suo
grandioso
Crocifisso
è
nel
cimitero
di
Crotone,
E’
passato
poi
alla
pittura,
pur
senza
à
del
abbandonare
del
tutto
l’attività
di
ceramista,
prediligendo
il
paesaggio
e
ricercando
con
ansia
una
personalissima
espressione:
la
quale
è
ben
lungi
dall’essere,
come
lo
è per molti, un bizzarro divertissement ad uso e consumo dei grulli.
HANNO SCRITTO DI LUI… di Elio Mercuri 1991
Essere fedeli ad una propria vocazione
C’è una storia di pittura specifica di Roma nella quale sempre più la ricerca di Pietro Vanni trova una
sua naturale e immediata collocazione; in un orizzonte che include da Mafai e Viveri l’intenso
impegno verso la realtà delle cose e di cui alto momento significativo è segnato dagli “orti” di
Omiccioli, dai paesaggi di Muccini, dall’esperienza del gruppo di Portonaccio fino a più recenti e
ritornati espressioni. La suggestione di questa linea d’arte, è nel riuscire a rendere visibile, il tono e
la luce, la sostanza di una realtà semplice ed essenziale, i volti e gli oggetti, i luoghi di tutti i giorni,
così come vivono però in una nostra consuetudine di affetti, in questo rapporto struggente con la
vita. Sembra aderenza ad un mondo perduto e che pare sopravviva soltanto per il prolungarsi di
una nostra incancellabile memoria;o evocato in un apparizione e visione che si riconduce alla
dimensione fuggente del sogno, eppure, acquistiamo un loro potere di essere, una rara forza di
realtà, divengono presenza. Vanni vive nella sua pittura quelle presenze, che ricerca in altri luoghi
ormai, in interni e squarci di paesi deserti, in cose che compone in nature morte struggenti per
un’ancorata luce d’addio, per un gesto che sottrae alla definitiva sparizione e ce le restituisce. Il
segreto della sua pittura è proprio nel continuare la coraggiosa adesione alla vita, che anni addietro
spinse Mafai al passaggio dal distacco della metafisica alla partecipe vibrante
Immersione nella quotidianità degli oggetti e degli eventi; si da dare dignità e bellezza al fuoco
nascosto sotto le ceneri; a ciò che non occupava in modo perentorio e dominante la realtà, ma
nonostante tutto era vita, vita vera e di tutti. O suo invalicabile desiderio:. Solo che questo suo atto
negli anni si è fatto più scarno ed essenziale, non solo lo spazio della sua visione, ma le cose si son
fatte più povere, e poche, ma forse proprio per ciò più intense e struggenti, nel loro stato di
sospensione, nella zona che la luce apre intorno e appare come crea le condizioni di una strenua e
bruciante vitalità.